In ricordo del “Vecchio Cronista”

Così amava farsi chiamare ultimamente Igor Man, il giornalista morto a 87 anni.
Igor Man
Forse è l’ultimo d’una serie, non numerosa ma gloriosa, di giornalisti che hanno dato lustro all’Italia.

Oggi i giornali vogliono notizie rapide, immediate, che facciano clamore, che alimentino con continuità la frettolosa curiosità del lettore,  che consuma notizie con voracità, come gli altri beni.

 

Non c’è più tempo per le analisi profonde, articolate ma sempre condite da quel pizzico di modestia  ed eleganza che contraddistinguevano l’inviato speciale, quello che, un po’ Hemingway un po’ Sherlok Holmes, amava addentrarsi dentro la vita, intrufolarsi negli anfratti di quel pezzo del mondo a lui giornalisticamente affidato.

 

Io mi gustavo ogni articolo di Igor, le sue analisi così personali e nitide delle vicende del Medio Oriente.  Mai impersonale, sempre passionale, come ogni giornalismo ha da essere. Visionario certamente, ma sempre rispettoso d’ogni forma di realtà.  Lui, forse perché gli scorreva nelle vene anche un po’ di sangue siciliano – un ancestrale amalgama di globuli rossi e bianchi intrecciati nelle culture di quella meravigliosa isola – capiva che le storie d’oggi hanno sempre radici profonde, che non puoi comprendere la politica attuale se non hai sviscerato la religione, i poeti, le tradizioni antiche della gente.

Igor Man, sebbene credente, si sentiva un uomo del suo tempo, e cioè pressato dal dubbio; un uomo che cerca là dove la cultura odierna dice di cercare: dentro di sè.

 

Man amava ricordare un episodio della sua vita di giovane cronista: nel febbraio del ’49 il suo direttore l’aveva mandato a san Giovanni Rotondo per intervistare un frate a lui sconosciuto, e sconosciuto ai più. Padre Pio. Il frate lo accolse col suo burbero «E tu che vuoi da me? » che nascondeva però una qualche dolcezza.

 

«Mi dia un messaggio padre», insistette alla fine del breve colloquio, Man.«Un messaggio per gli uomini di buona volontà». «Chi dubita troppo può scadere nel peccato» rispose il frate. Poi riprese: «Lo so è difficile guagliò, ma bisogna per fede. A proposito come siamo messi a fede ragazzi’». «Non lo so, va e viene, non lo so», rispose il giornalista. «Ascolta guagliò, certum est quia impossibile est (è’ certo perché impossibile). Attaccati a sta zattera, guagliò. Attaccati a sta zattera e non affonderai mai». Se potessi intervistare ora Igor, forse gli porrei solo una domanda, come è andata con la zattera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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